Uno dei giudici di MasterChef, Bruno Barbieri, è tornato a svelare la verità sul programma di Sky e sul rapporto con gli altri giudici
Negli ultimi anni lo chef, Bruno Barbieri, è diventato un volto noto del piccolo schermo diventando così giudice di MasterChef. L’esordio in tv risale al 2011 e così a breve compirà anche 60 anni. Ai microfoni del settimanale Oggi ha fatto anche alcune rivelazioni sui vari giudici che ha incontrato nel suo percorso: “Ho sempre pensato che il trio Locatelli-Cannavacciuolo-Barbieri sia quello che ha funzionato di più. È chiaro che Antonino è il giudice con cui ho più feeling. Locatelli poi…c’era bisogno di un paciere e infatti noi lo chiamiamo ‘l’avvocato’, perché io e Antonino siamo una fiction tutti i giorni”.
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Poi ha aggiunto dettagli sul loro rapporto che va al di là della loro professione: “Quello che mi sono sempre domandato è perché noi non abbiamo un ristorante insieme, perché non abbiamo fatto un film insieme, magari un cinepanettone. Ci sentiamo, anche fuori dal set, con gli altri non era così”.
Masterchef, il passato di Bruno Barbieri
Così lo chef stellato ha fatto intendere che con gli altri giudici del passati, Carlo Cracco e Joe Bastianich, il rapporto non sfociava anche nel privato: “Non mi sono trovato male con nessun giudice, non lo dico per convenienza. Con gli altri non ci siamo mai telefonati fuori dal programma, non siamo mai andati a mangiare una pizza fuori”. Al settimanale Oggi ha rivelato anche il suo passato parlando del valore di ogni singolo cibo: “Cucinavamo tutto in casa; quando tu cresci in un posto così, in un piccolo paese sulle colline, che cosa ti entra nell’anima? A me è entrata quella cosa lì, l’odore della campagna, l’odore della pioggia”.
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Infine, c’è stato anche un momento duro della sua vita iniziando con l’ostica gavetta sulle navi da crociera: “Mi è stata data una chiave della cabina e una coperta. Ci stavano anche cinque persone. Una avventura durissima. Tutto era in inglese, sulla nave lavoravano 150 cuochi. Guarda io dopo un mese volevo tornare a casa, scrivevo delle lettere che i miei quando le leggevano avrebbero mandato un aereo a prendermi. Lavoravo 19 ore al giorno, le colazioni erano alle 5 del mattino, 800 omelette tutte le mattine”.