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La Perla nascosta del Piemonte: la trattoria che vi lascerà senza parole

Trattoria Perla Café a Candiolo è un posto dove andare a colpo sicuro se si vuole essere certi di mangiare bene, spendendo il giusto. Beppe e Rachele, i proprietari e chef, riescono a trattare i clienti come in famiglia.

La Trattoria La Perla è un luogo conosciuto nel Piemontese: vanta infatti ben 31 anni di attività e a guidarlo ci sono Giuseppe Ghione e sua moglie Rachele. Si trova a Candiolo, a pochi chilometri da Torino, e quando arrivi sai già che non vivrai l’esperienza di una “semplice” trattoria. La cucina de La Perla è  sincera e onesta come i suoi proprietari, senza fronzoli (la salsiccia cruda di Bra è una delle cose più buone che si possono trovare), ma con un pensiero particolare alle materie prime, tutte di primissima qualità, mescolate tra loro da mani sapienti.

Beppe e Rachele coccolano i clienti con sapori puliti e non troppo artificiosi: i piatti infatti ti lasciano in bocca delle sensazioni ben definite che ti fanno gustare – e capire bene –  quello che mangi. Una cucina da ricordare abbinata ad una grande cantina di vini, anche quelli di qualità: quando si esce da La Perla sai già che ci tornerai, perché si torna sempre nei posti in cui sta bene.

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Abbiamo intervistato Beppe che ci ha raccontato i segreti del suo locale, dalla scelta delle materie prime ai menù, passando per come sono riusciti a destreggiarsi durante la pandemia.

Giuseppe Ghione e sua moglie Rachele

Trattoria Perla Café, l’intervista di Mezzokilo.it: tutti i loro segreti

Come avete incominciato la vostra attività?

Io ho iniziato nel ’90, così per scherzo. Ho sempre lavorato nei ristoranti, ma sono diplomato geometra.  Mio papà non poteva aiutarmi con l’università e combinazione c’era questo locale (La Perla ndr), che costava poco e ho detto: “Lo prendo, dopo due anni lo rivendo e poi mi iscrivo all’università con i soldi che guadagno”. Invece questo lavoro mi ha preso e siamo andati avanti. Abbiamo iniziato come bar, poi facendo qualche primo, ma quello che mi ha fatto stravolgere le idee è stato il corso che ho fatto nel 2000 dell’AIS, l’Associazione Italiana Sommelier. Lì ho aperto un po’ gli occhi e ho capito che dovevamo andare oltre il classico menù fisso a 8mila lire e puntare sulla qualità.  Il fatto di puntare sulla qualità è stato una cosa buona perché ho rifatto il locale in funzione di ciò e ci siamo appassionati a tutti gli alimenti e le bevande di un certo tipo. Tutti gli acquisti vengono poi fatti in funzione della qualità: ad esempio, senza nulla togliere alle farine commerciali, si usa di più la farina Petra (una farina macinata a pietra) .
Prima lavoravo con mio fratello, poi lui è andato via e ha ceduto le sue quote a mia sorella. Quando anche lei è andata via, ha ceduto le sue quote a Rachele. Alla fine siamo rimasti noi due: questo mestiere qui è davvero pesante perché devi fare un sacco di ore e dopo anni se non hai la passione molli.

La vostra è una conduzione famigliare: quali sono i pro e i contro?

I pro sono sicuramente tanti.  Prima della pandemia avevamo due dipendenti: una si è licenziata a dicembre lasciandoci proprio nella totale difficoltà. Lei ha lasciato, così alla fine siamo rimasti io, Rachele e la “storica”. Viene ad aiutarci poi Marta, la nostra figlia maggiore di 19 anni: tutti i venerdì e tutti i sabato sera o quando facciamo qualche serata o alla domenica ci viene a dare una mano, negli altri giorni invece frequenta l’università. Noi le abbiamo chiesto solamente due serate la settimana e ci dà una grossa mano.

I vostri 4 figli vi aiutano?

Gli altri per adesso niente. Marianna, che ha 14 anni, frequenta il liceo teatrale quindi è molto impegnata dalla mattina alle 8 fino alla sera alle cinque, poi fa gli allenamenti di atletica e quindi è molto presa. Michele, che ha 15 anni, non ne vuole sapere: lui è tutto per la natura, l’agricoltura, tutto un altro campo. Quando passa porta via le bottiglie, carica il frigo con l’acqua: fa questi lavoretti qua.

Com’è avete affrontato la pandemia e il periodo di lockdown in cui le attività erano chiuse?

Ci è andata abbastanza bene, perché una dipendente si era licenziata prima e ci è rimasta la dipendente storica che aveva molte ferie e permessi arretrati. Poi ha fatto un po’ di cassa integrazione e per quanto riguarda lei ce la siamo cavata così.
Lavorativamente ci siamo un po’ aggiustati: abbiamo cominciato a proporre dei menù d’asporto nei fine settimana, poi ho cominciato a vendere tutto il vino che avevo in casa. Alla festa della Mamma per esempio abbiamo proposto una delle mie crostate selezionate da cinque porzioni e tre croissant a 10 euro. Hanno risposto molto bene perché abbiamo fatto un’ottantina di consegne.
L’unico problema è stato proprio la consegna: per la preparazione puoi venire qui di notte e prepari, ma le colazioni erano tante e dovevamo consegnarle tutte tra le 8 e le 10. Poi tu pensi di conoscere tutte le vie del tuo paese e dei paesi limitrofi, ma non è proprio così: magari manca il nome sul campanello, non c’è la persona, la persona dorme, ritorna dopo…essendo comunque un po’ più vecchi del mestiere e quindi più conosciuti siamo andati ad attingere dove avevamo già fatto nel passato. Non abbiamo preso lo stipendio in quella situazione, ma ci siamo siamo “parati la schiena”.

Com’è stato riaprire e provare a tornare alla normalità?

Bellissimo. Perché chi ama questo mestiere, per quanta fatica tu faccia durante l’anno,  alla fine dopo tre giorni in cui sei a casa o sei in vacanza non vedi l’ora di riaprire. E’ il contatto con la gente che ti dà tanto, poi i nostri clienti sono tutte persone bravissime. Forse è adesso che il momento è di nuovo un po’ più difficoltoso perché devi controllare il Green Pass, c’è ancora un pochettino di paura, magari perdi anche del lavoro. Per esempio un cliente aveva prenotato una cena aziendale per trenta persone e una mattina me l’ha disdetta perché ci sono una quindicina di persone non vaccinate e quindi non possono venire.

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Adesso per esempio c’è il problema delle materie prime che non arrivano: io avevo un centinaio di panettoni venduti, ma non ci mandano il prodotto perché non hanno le materie prime. O meglio li manderebbero il 23 o il 24 dicembre, ma i nostri clienti quel tipo di panettone lo comprano per regalarli, perché sono prodotti di un certo valore.

Come nascono i vostri piatti?

Innanzitutto andiamo in giro a copiare dagli altri perché c’è sempre da imparare (ride ndr), sia dal tipo di servizio sia dai prodotti perché c’è un mondo veramente ampio sia di etichette di vini, di cibo, di prodotti e quindi i nostri piatti nascono un po’ dal vedere cosa fanno gli altri e poi li proviamo anche noi. Ad esempio il nostro tagliolino acciughe e nocciole “tirato su” morbido, saltato con le nocciole e il burro con l’acciuga spagnola sbriciolata dentro – usiamo solo la nocciola del Piemonte che sprigiona tutti i profumi – ce lo siamo inventati noi. Poi ci saranno anche altri che lo fanno, però è diverso fare il piatto con la nocciola del Piemonte rispetto alla nocciola turca che trovi al supermercato, perché non profuma. Poi per esempio la burrata pugliese o lo speck altoatesino con l’acciuga l’abbiamo visto in giro; è comunque molto importante l’alimento. Tutti possono fare il piatto con la burrata o lo speck,  ma la burrata deve essere quella “giusta”, lo speck deve essere quello altoatesino stagionato almeno 24 mesi, l’acciuga ci va o quella siciliana o quella del Cantabrico. Molto importante è l’abbinamento tra le materie prime, è come il vino: ci sono un sacco di “Dolcetti” a 3/4 euro  e quelli da 15.

I piatti li decidete tu e Rachele o è Rachele che ha l’ultima parola?

Il menù lo scegliamo insieme, ma sicuramente è Rachele che ha l’ultima parola. Lei passa tutta la mattina in cucina, anche io vado ritagliandomi del tempo. Poi durante il servizio passiamo in sala perché riteniamo che sia necessario che coccoliamo noi il nostro cliente. Poi Rachele magari va via alle quattro e io rimango qui a fare le basi per la mattina dopo, per esempio stasera faccio la fonduta e la crema pasticciera.
Rachele  comunque sceglie anche i menù quando ce lo chiedono per qualche cerimonia; prima lo facevo io, adesso ho delegato perché è molto più brava di me.

Come scegliete le materie prime?

Chi fa questo mestiere le sceglie in funzione della propria cultura e poi della propria clientela. Se tu hai una clientela che non vuole spendere, fai fatica. Dipende dalla cultura di chi c’è dietro al banco di chi c’è dietro ai fornelli: non è solo ‘io compro le materie prime e tu cucini’ è proprio la cultura di chi usa quel prodotto e di chi gestisce il locale. Poi il locale si fa da sé, man mano che cresce la gente capisce che quel locale usa quelle materie prime e fa quel tipo di mestiere. Perché siamo tutti colleghi, ma tutti facciamo cose diverse.

Alla Trattoria Perla Café c’è anche una cantina molto importante: come scegliete le etichette da proporre ai clienti? Come nasce l’abbinamento con il vostro menù?

Quello nasce da quando nel 1999/2000 ho fatto il corso dell’AIS, che consiglio vivamente a tutti perché ti cambia proprio la vita. Magari uno esce anche una volta in meno, ma magari ha il piacere di bere una bottiglia di un certo tipo piuttosto che un’altra. Quel corso lì mi ha aiutato nel fatto di assaggiare e abbinare mille cose, poi la strada è ancora lunga per abbinare un cibo a un vino. Secondo me magari ci va un Mastroianni – che è un Brunello – assieme al cinghiale, magari un altro ti dice ‘No, secondo me ci sta bene una Barbera di Pelissero’. Poi dipende dall’esperienza; bisogna conoscere anche tanto il cliente, quello abituale. Se sai che gli piace la Barbara, gli diciamo che la Barbera va bene, poi ogni tanto puoi osare.

Qual è il complimento che vi fanno di più i vostri clienti?

I clienti quando ti fanno un complimento e senti che è sincero è l’unica cosa che ti dice ‘andiamo avanti’. Non è il denaro, che è un mezzo per farti vivere bene per quello che hai bisogno. I complimenti sono sempre di più necessari per andare avanti con l’attività; quando ero più giovane non me ne importava molto, ma in questo momento è appunto quello che mi fa andare avanti. Poi al contrario se a volte mi dicono ‘però quel prodotto lì non mi ha garbato tanto’, devi capire dove hai sbagliato, magari devi sostituire un alimento con un altro e anche quello è un modo di crescere.

Trattoria Perla Café
Via Torino, 13, 10060 Candiolo TO
Telefono: 011 962 5491
giuseppe.ghione@alice.it

Valentina Colmi

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