Intervista esclusiva a Massimiliano Farina, chef e proprietario del Ristorante Santopalato di Casteggio, nell’Oltrepo pavese. Un racconto sincero e diretto sulla sua passione per la cucina, diventata un mestiere a 40 anni, dopo una vita passata a fare un altro lavoro.
Non è mai troppo tardi per credere nei propri sogni, anche quando sembra che la vita abbia già preso una direzione precisa. Lo sa bene Massimiliano Farina, chef e proprietario del Ristorante Santopalato di Casteggio che a 40 anni ha deciso di abbandonare il suo vecchio lavoro e di cambiare rotta per dedicarsi alla cucina.
Un salto nel buio che ad oggi, dopo quasi otto anni, l’ha sicuramente premiato, inserendo il locale in alcune rinomate guide che raccontano il territorio dell’Oltrepo. Un modo di intendere la cucina in maniera semplice, ma attento ai dettagli – e alle materie prime – che fanno senza dubbio la differenza. Ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva per Mezzokilo.
Lo chef Farina ha vissuto sicuramente molte vite, ma forse lo spartiacque fondamentale si è verificato quando ha deciso di smettere di fare l’agente di commercio per provare a diventare un cuoco professionista. “Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala. L’audacia ha in sé genio, potere, magia. Incomincia adesso” diceva Goethe. E’ così che ha creduto nel proprio sogno: con pazienza e determinazione il suo ristorante Santopalato a Casteggio è diventato uno dei punti di riferimento del territorio e non solo.
Chef Farina, ci può raccontare come ha deciso di iniziare a cucinare?
Avevo 40 anni e da agente di commercio decido di voler lavorare utilizzando le mani e non più il telefonino anche a costo di reinventarmi completamente. Con la passione per il Rock, per la chitarra elettrica ed il buon cibo.
Così dopo un corso presso il Capac di milano, inizio a lavorare come dipendente, anche in bellissime strutture in Cortina d’Ampezzo, ad esempio il Rosapetra spa resort.
La cosa innovativa, la cosa pazzesca, la cosa nuova e la cosa bella è che nel cercare un posto di lavoro qui da me in Oltrepo sono inciampato in un locale chiuso e con tanto coraggio e incoscienza io ed una mia ex, nel 2014, lo abbiamo aperto. Dopo meno di un anno la ex è uscita dal ristorante – e dalla vita – e sono rimasto solo con una dipendente.
Ho compiuto i 7 anni di attività il Primo Maggio 2021 e sono prossimo all’ottavo compleanno. Questo per me significa molto, aver resistito agli imprevisti, alle difficolta proprie di proporre una attività nuova e un po’ diversa dal tradizionale.
E’ un’avventura bellissima e rischiosa , piena di imprevisti, non ultimo il Covid. E’ la dimostrazione che esiste anche un sogno Italiano, non solo americano, che si può fare impresa anche restando qui. Certamente facendo molta fatica, dedicandocisi completamente, ma sembra che funzioni.
In carta nel suo ristorante Santopalato ci sono proposte pensate con la tecnica del sottovuoto. Come mai questa scelta?
Ho scelto sin da subito di lavorare quasi completamente sfruttando la tecnica di cottura sotto vuoto perché in questo modo avrei proposto ai miei clienti uno standard qualitativo superiore. Soprattutto era importante per me proporre una Carta al posto dei più frequenti menù fissi.
Siamo una zona più nota per i suoi agriturismi che per i suoi ristoranti e in tal senso ho sempre preferito proporre un menù alla carta.
Come pensate i menù e come avviene la scelta delle materie prime?
Siamo – qui in Oltrepo – al confine di quattro provincie e quattro regioni e amo tanto contaminare la Carta con ingredienti che riportino alle regioni a noi confinanti Emilia, Piemonte, Liguria e non solo. Un esempio di contaminazione è in un piatto più autunnale, i Canederli dell’oltrepò. Un piatto che ho imparato a preparare a Cortina d’Ampezzo e che ho contestualizzato togliendo lo speck e inserendo il salame di Varzi, un fiore all’occhiello del nostro territorio. Un piatto che sto presentando in questi giorni invece è il frutto di una collaborazione con aziende del territorio che mi forniscono materie prime eccellenti: sto proponendo delle conchiglie di gragnano ripiene di crema di spinaci e funghi pioppini interi confit. Il tutto è condito con olio di nocciole piemonte a crudo: una bomba di sapore ma al contempo delicatissimo.
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Essere in questo territorio permette anche di ispirarsi ai sentieri chiamati “Le vie del sale” che univano le nostre terre alla Liguria; per questo motivo non è infrequente che in Carta siano presenti anche proposte di pesce oltre alle immancabili carni in cottura lenta.
Quando ho aperto nel 2014 non esisteva, almeno qui da noi, nessun locale nel quale lo chef esce a salutare ogni cliente e racconta personalmente il menù al tavolo. Ecco: questo mix di cose, una tecnologia di cottura innovativa, la scelta di materie prime ottime e una comunicazione al cliente fatta direttamente dal titolare e chef del locale è il ristorante SantoPalato. Mio papà – che non c’e’ più – era una grande appassionato di cucina e buona forchetta ed ogni giorno di lavoro è dedicato a lui.
Siete diventati anche molto conosciuti.
La prima guida che ci ha inserito è” Il Golosario Ristoranti del Gatti Massobrio” già nel 2014. Sempre nello stesso anno la guida Fuoricasello (Longo Edizioni). Nel 2020 siano stati inseriti ne “Le Guide ai sapori e piaceri della Lombardia” di La Repubblica.
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Come definirebbe la sua cucina?
La cosa più particolare è proprio la formula easy ma curata: la grande protagonista è la materia prima, impiattamenti non esasperati, semplici ma di buon gusto e sostanza, concretezza Ed io che giro per tutto il ristorante a parlare con i clienti mentre cucino.
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