Alessandro Musso è uno dei soci di Padellino Factory, una nuova realtà che propone il fiore all’occhiello della cultura gastronomica torinese: la pizza al padellino.
Alessandro Musso è fratello d’arte, visto che i suoi altri due fratelli hanno sempre gravitato attorno e dentro il mondo della cucina. Lui ha passato un paio d’anni ad Eataly come responsabile e ha capito una cosa: se la ristorazione ce l’hai nel sangue non puoi sfuggirle.
Il 2 giugno 2021 Padellino Factory compirà il suo primo anno: un traguardo importante per un settore che ha risentito fortemente della pandemia. Eppure questa nuovo locale sta riscuotendo il successo che merita per due motivi: assoluta attenzione alle materie prime e sguardo al futuro senza dimenticare la tradizione. La pizza al padellino infatti è da sempre simbolo di Torino, un po’ come Napoli è simbolo della pizza alta col cornicione: una storia che si lega indissolubilmente con la farinata, visto che spesso viene servita assieme. Il perché di questo e di Padellino Factory ci viene spiegato proprio da Alessandro: ecco a voi quello che ci ha raccontato.
Alessandro, raccontaci un po’ di te.
In famiglia ho due fratelli che hanno percorso la carriera di cuochi: uno lo è ancora, ha un suo locale, mentre l’altro ha cambiato rimanendo nel mondo del turismo, ma nell’accoglienza. In famiglia si è sempre respirata questa cosa: le mie nonne erano delle ottime cuoche e in più io in passato ho lavorato a Eataly Bologna per un paio d’anni come responsabile, anche se facevo veramente di tutto. Avevo già senza rendermene conto uno spiccato interesse per le cose buone: per esempio una cosa che mi ha sempre colpito – l’ho poi realizzata dopo – è che a me non piaceva andare al fast food neanche da bambino e quindi secondo me ho sempre avuto una spiccata attenzione per la qualità del cibo e per quello che mangiavo. Poi da Eataly questa cosa si è acuita, avendo fatto diversa esperienza diretta di food and bevarage e mi sono portato dietro la volontà di ragionare sul tema. So che la ristorazione è molto difficile, ma ha vinto la passione e mi è capitata l’occasione i intraprendere l’avventura di Padellino Factory.
Come è nato il concept di Padellino Factory? Parlaci un po’ del locale.
Attraverso un amico comune ho conosciuto Andrea Ratti, che è un imprenditore di successo della scena torinese, perché è il fondatore del marchio Kombu ed è stato il primo a portare il sushi a Torino. Dopo Kombu – che ha circa 20 locali tra città e dintorni – ha aperto Topit, dove fanno secondo me una pizza buonissima col cornicione. Ratti aveva in mente un formato già più replicabile di pizza al padellino, una chicca della tradizione torinese, insieme alla farinata: questo perché la pizza al padellino è circa il 40% in meno rispetto alla pizza tradizionale e quindi la farinata serve un po’ per completare il pasto un po’ per ingannare l’attesa.
Mi ha rassicurato la sua grande esperienza e poi questo format mi ha conquistato subito: è replicabile e c’è la peculiarità del forno con un tunnel con un nastro trasportatore – la camera di cottura è aperta – e una volta che si piazza il padellino su questo nastro trasportatore lui ci impiega circa 4 minuti per passare da una parte all’altra. Questo fa sì che la sua cottura sia assolutamente perfetta e limiti molto l’intervento di una persona. E’ anche molto carino vedere queste pizze che piano piano passano dalla camera di cottura e sono pronte: con la limitazione dell’intervento umano, riusciamo a contenere i costi e infatti il formato prevede che tu vai alla cassa, ti ordini da bere e la tua pizza o farinata, ti porti da bere al tavolo e poi hai il famoso “cicalino” che ti avvisa quando la tua pizza è pronta e te la vai a prendere.
È molto interessante l’idea della pizza “con la tua firma”. Ce ne puoi parlare?
Noi abbiamo la possibilità di comporre appunto la pizza come si vuole: questo si può fare sia alla cassa sia attraverso l’app, che consigliamo di scaricare visto che per il primo ordine c’è lo sconto del 15%; si può ordinare anche all’interno del locale con l’app, arriva direttamente la comanda in cucina. Ci sono una serie di pizze che si chiamano “Signature”, quindi abbiamo già preparato noi con i nostri test e i nostri gusti; poi appunto ci si fare la pizza come si vuole. Ci sono tre basi: la basa bianca, che è sostanzialmente una focaccia, una base rossa e la base nera col carbone vegetale. Poi man mano scegli tu come farcirla scegliendo tra le diverse categorie di formaggi, di salumi e di verdure, ti puoi davvero sbizzarire.
Come scegliete gli ingredienti?
C’è grande attenzione alla materia prima proprio perché il prodotto è di assoluta qualità. Quello che mi preme sottolineare è la preparazione dell’impasto che ha previsto una lunghissima fase di studio: una volta preparato viene lasciato 12 ore a riposare, dopodiché vengono formate le porzioni che vengono di nuovo 12 ore a riposare. Passate queste prime 24 ore, le porzioni vengono spostate direttamente nel padellino e qua almeno fanno altre 12 ore di lievitazione. Se c’è una cosa che ci viene riconosciuta è che il prodotto sia di una qualità pazzesca, sia dal punto di vista del gusto sia dal punto della “giocosità”, oltre al fatto che è più digeribile, tant’è che ci sono diverse persone che si mangiano anche due o tre pizze e la notte dormono bene.
Sugli ingredienti c’è una scelta specifica di qualità: per esempio noi usiamo il prosciutto di Parma Devodier, oppure abbiamo fatto una ricerca sui formaggi, andando a trovare direttamente dal produttore una toma piccante che usiamo per La Factory, la mia pizza preferita con passata di pomodoro, mozzarella, toma piccante, salame piccante, olive taggiasche.
Pare di capire che il locale voglia strizzare l’occhio ai giovani grazie alla app e alla possibilità di ordinare da asporto. Come mai questa scelta?
In realtà non abbiamo pensato a questa segmentazione; il nostro sforzo è sulla qualità del prodotto, sulla caratteristica dell’asporto, mentre i clienti arrivano seguendo le loro caratteristiche e le loro preferenze. A pranzo per esempio abbiamo tantissime persone che lavorano negli uffici, ma abbiamo anche gli studenti universitari, le famiglie: il target è abbastanza eterogeneo. L’app a nostro parere è fondamentale per stare sul mercato, ci dà identità, ci può aiutare in futuro anche nella gestione degli ordini perché ad oggi abbiamo un locale, ma magari in futuro ne avremo degli altri anche più grossi e la app ci può snellire la coda alla cassa. Nel 2022 l’app insieme ai social è fondamentale.
Quindi per aprire un locale oggi bisogna pensare anche alla comunicazione?
E’ fondamentale. Si può tralasciare il sito, magari fare un sito vetrina, ma i social sono imprescindibili, Instagram su tutti e Tik Tok tra i più giovani.
Ultima domanda: siete aperti da meno di un anno, ma all’incirca quante pizze avete fatto?
All’incirca siamo attorno alle 14mila pizze.
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