Francesco Saccomandi è uno dei foodblogger più conosciuti. Secondo lui tutti possono cucinare – e soprattutto riuscirci – tanto da chiamare la sua community “Fornostar”.
Raggiungiamo Francesco Saccomandi al telefono probabilmente in una delle sue pause pranzo produttive: è proprio in questi momenti – poi ci racconterà – che nascono le sue ricette e pensa ai contenuti del suo secondo lavoro come content creator.
Nonostante i 100mila followers appena raggiunti su Instagram, infatti, Francesco dal lunedì al venerdì è Direttore Marketing di un’azienda, mentre il sabato si dedica al mondo del cibo e ai dolci in particolare, passione che ha scoperto prestissimo, a soli 8 anni grazie – pensate un po’ – ad un compito di scuola. Ecco quello che ci ha raccontato con gentilezza e disponibilità, provando che quelli che hanno successo non dimenticano di essere umili.
Francesco, innanzitutto raccontaci un po’ di te: come hai cominciato a fare il food blogger?
Mi piaceva cucinare e c’era una ragazza di Roma bravissima che aveva un blog — stiamo parlando del 2009/2010, quindi diversi anni fa – e mi dicevo “guarda com’è brava, quanto mi piacerebbe farlo anch’io!”. Allora ho aperto il mio blog su wordpress: mi divertivo a filmare, mettevo il portatile sul frigorifero e mi riprendevo mentre cucinavo, poi registravo l’audio e facevo il montaggio. Col tempo ho comprato l’attrezzatura: la videocamera e il microfono pulce per migliorare sempre la qualità audio/video. Allora c’era già Facebook: così ho cominciato a postare.
Io sono una persona che adora l’interazione sociale e social: mi piace condividere, ma non con l’obiettivo esibizionistico; mi piace condividere quello che so e vedere le persone che imparano e riescono. Non a caso io adoro l’insegnamento, mi sento un maestro mancato. Poi sono arrivati gli altri social, Instagram e Tik Tok, YouTube: ci sono varie piattaforme con audience diverse che mi mettono alla prova. Io sono il primo che vuole mettersi in gioco e ad annoiarsi di quello che fa e quindi cerco sempre qualcosa di nuovo e di diverso. Per esempio mi sono recentemente avventurato nel mondo dei podcast (Fornostar su Spotify, ndr), perché le persone mi dicevano che mi avrebbero ascoltato volentieri e mi sto divertendo un sacco. Sono molto poliedrico: cento ne penso e cento ne faccio.
Hai tantissimo seguito sui social, tanto che su Instagram hai appena raggiunto quota 100mila. Come ci si fa a distinguere in un ambito come quello dei foodblogger, davvero ricco di proposte? In questo la tua laurea in Marketing conseguita negli Stati Uniti ti ha aiutato?
Quando ho cominciato penso di essere stato uno dei primi uomini: era un mondo popolato per la maggior parte da donne e quindi quella è stata inizialmente la prima differenziazione. Adesso il mondo del blogger è un “oceano rosso” per riprendere un concetto di marketing: è pieno di “squali” che mangiano, ci sono tanti pesci in questo acquario e perciò bisogna cercare un nuovo acquario che sia un po’ più blu. Provo a diversificarmi con la mia personalità, con i trucchetti, con delle intro un po’ originali: i miei video iniziano con me che assaggio e dico “mamma che buono”. Adesso ho visto che lo stanno facendo tutti, magari poi cambio. La laurea sicuramente mi ha aiutato, ma mi ha aiutato molto anche la creatività: il mio titolo di studio mi aiuta a far rimanere consistente il mio livello di comunicazione all’interno delle varie piattaforme.
La mia community la chiamo “i Fornostar”: ero in trasferta di lavoro a Bruxelles e ho visto un ristorante che si chiamava così e allora ho avuto un’illuminazione, perché l’ho subito immaginato a chi cucina per amore, a chi si destreggia, sono le persone per cui voglio creare dei contenuti.
Una cosa interessante del tuo format è appunto il concetto di Fornostar. Secondo te tutti possono cucinare?
Secondo me sì, se lo fai con amore: per me la cucina è il cuore della casa, di conseguenza chi sta in cucina e chi cucina è l’angelo della casa. Chiunque può cucinare, basta chiaramente volerlo e impegnarsi; se uno ha paura di cucinare, ecco quello no, non dovrebbe esserci. Per me ad esempio è molto rilassante cucinare.
Nella tua biografia sul sito, c’è scritto che l’amore per il baking è iniziato a 8 anni con la preparazione della Torta Malvina, voluta come compito dalla maestra. Primo: ci spieghi cos’è la torta Malvina? Avevi già capito che quella ricetta ti avrebbe in qualche modo cambiato la vita?
La Torta Malvina penso che sia la torta più comune da credenza che si possa fare. Sono tuorli, burro fuso, zucchero tutti montati, poi farina, lievito, latte e gli albumi montati a neve: il classico ciambellone che viene sempre. E’ stato un compito che la maestra ci diede: mia madre era lì che rideva, anche perché io non riuscivo a separare gli albumi dai tuorli. Mi sono accorto di questo amore che avevo per i dolci, la cosa che mi piace cucinare di più.
Com’è la tua giornata lavorativa e come nascono le ricette per i tuoi video?
Io durante la settimana lavoro dalle 8 alle 18 come Direttore Marketing di un’azienda che produce i campioncini di shampoo e balsamo per gli alberghi di lusso, un lavoro che mi piace un sacco. Questo del content creator è un secondo lavoro, che è un’estensione di quello che già faccio. Sfrutto tantissimo le mie pause pranzo, per cui il mercoledì o il giovedì provo a pensare a quali ricette vorrò fare nella settimana successiva, a meno che non abbia post o pubblicazioni già richieste. Cerco due/tre/quattro ricette che possono piacere di più – adesso per esempio piacciono le ricette senza forno, arriva l’estate e quindi le ricette dei gelati, sorbetti, ricette vegani e vegetariane – mi segno la lista della spesa e il sabato mattina/primo pomeriggio solitamente io cucino e filmo. Spesso quando filmo una ricetta ne approfitto per filmare più cose: per esempio se faccio una ricetta con le fragole, filmo anche il trucchetto su come sbucciarle più velocemente. Una volta che sono contento – tendenzialmente faccio molti più reel che foto perché lo trovo più congegnale – scatto anche le foto. La sera prima di ogni post faccio l’editing del video, la musica, il voice over, la copertina del reel e poi scrivo il testo della ricetta. Il mio piano editoriale è composto da tre ricette alla settimana alternate da trucchetto tecnologico e da due/tre trucchetti sparsi qua e là durante la settimana.
Hai dedicato un post commosso alla fine della tua esperienza dopo 7 anni a “Detto Fatto”, che ha chiuso i battenti. Che cosa ti ha insegnato l’esperienza televisiva? Torneresti ancora in tv, magari in veste di giudice in qualche programma?
Tornerei sicuramente in tv, mi trovo molto a mio agio davanti alla telecamera, anzi quando sono in video sono tranquillissimo. Sono la persona più felice del mondo a raccontare davanti alla telecamera quello che mi piace, ma mi piacerebbe anche tornare nel ruolo di giudice o di ospite, sicuramente.
“Detto Fatto” è stata una scuola di vita incredibile: mi ha insegnato ad essere organizzato, ad essere preparato, a prendere qualsiasi cosa con la giusta ironia e autoironia. Mi ha fatto capire che razza di macchine complicate siano i programmi televisivi, da chi ti chiama per organizzare le tue ricette agli autori con cui fai la ricetta: una struttura impagabile. Io da perfezionista quale sono devo essere sicuro che tutto sia pronto, magari salto la pausa pranzo, ma poi una volta che sono certo che tutto è a posto può anche cascarmi una luce in testa e ci rido sopra.
La ricetta a cui sei più affezionato, non necessariamente quella che ti viene meglio, ma appunto quella a cui sei più legato.
La New York Cheesecake. E’ una delle prime ricette che ho preparato e mi piace perché – sebbene abbia una preparazione che a molti mette in difficoltà – secondo me è una ricetta in cui c’è tutto quello che devi fare per una riuscita perfetta. Se segui tutti i passaggi ti viene una cheescake buonissima.
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