steCoronavirus, dopo due anni dallo scoppio dell’epidemia si fa la conta delle attività chiuse, un danno economico difficile da quantificare.
Sono passati due anni da quando l’Italia venne chiusa. Aprile del 2020 l’Italia era ferma da più di 1 mese, stretta in un lockdown generalizzato imposto dalla politica per affrontare la pandemia e fronteggiare la diffusione del Coronavirus. La paura, l’ansia, le file al supermercato, i carro armati in fila per portare via le vittime dell’infezione sembrano un lontano ricordo che poi così lontani non è.
Le vittime della pandemia sono state numerose, troppe! Nessuna di queste era sacrificabile nonostante quello che si è detto e scritto in quel periodo. Ma oltre alle perdite umane è inevitabile fare due conti per comprendere quali sono state le altre conseguenze della pandemia.
Non è vero che sono sopravvissute solo le attività che meritavano e che lo stop generalizzato ha permesso solo ai migliori di restare in piedi. È arrivato i momento di smentire questa malsana retorica. Sul mondo della ristorazione, soprattutto durante la prima fase, la pandemia si è abbattuta pesantemente in modo abbastanza uniforme su tutte le regioni di Italia.
Coronavirus e attività fallite
Il Coronavirus ha avuto conseguenze devastanti sulle vite degli italiani. Oggi, a pochi passi dal ritorno alla normalità, il lockdown sembra così lontano. Il costo umano è stato elevato, lo sappiamo bene. Anche le conseguenze economiche sono state devastanti. Dopo il Coronavirus tutti si aspettavano un aumento dei prezzi e una crisi economica, ma pochi potevano immaginare uno scenario del genere: secondo una stima elaborata da Unione Camere i bar, ristoranti e locali chiusi a causa del Coronavirus sarebbero stati quasi sette mila. Il Lazio avrebbe registrato il calo più pesante seguito da Lombardia e Trentino Alto Adige.
Alla chiusura di una singola attività corrisponde una crisi che riguarda non solo l’imprenditore, ma anche il personale e l’indotto in cui essa è inserita: personale e fornitori vengono colpiti in uguale misura dalla fallimento che si trasforma in una perdita collettiva.
L’anno corrente doveva essere quello della ripresa e della riscossa ma le questioni internazionali stanno smentendo le aspettative e i desideri degli imprenditori. L’aumento dei del carburante, dei costi di produzione e il blocco di alcune materie prime fondamentali per la ristorazione stanno rendendo la vita difficile agli imprenditori che nonostante tutto non demordono. Fare delle previsioni in questo caso diventa veramente difficile rendendo complicato immaginare i prossimi scenari.