Caro prezzi, un’emergenza senza fine. Scatta l’allarme per i consumatori, prime vittime di questo aumento. Quali sono gli scenari?
Un aumento dei prezzi a seguito della crisi sanitaria era un fatto che tutti si aspettavano, ma in pochi credevano che si sarebbe arrivati a tanato. La cosa peggiore è che la luce alla fine del tunnel ancora non si vede e, come sempre, a farne le spese sono i consumatori.
Come spesso accade, dopo una lunga crisi segue sempre un periodo in cui prezzi dei beni di consumo subiscono un aumento. L’emergenza sanitaria ha messo a dura prova interi Paesi provocando delle serie problematiche a tutti i settori. Ma a cosa è dovuto questo continuo aumento dei prezzi che sembra non avere fine?
L’aumento dei prezzi dei beni di consumo, soprattutto di quelli di prima necessità, è sotto l’occhio degli osservatori che provano a fare delle proiezioni che siano in grado di guidare i consumatori. I cittadini, come sempre, sono vittime involontarie delle conseguenza macroeconomiche e guidarli verso le scelte migliori è cosa ardua.
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A peggiorare ulteriormente la situazione è l’aumento dei prezzi di alcuni dei beni fondamentali da sempre parte della spesa degli italiani: pasta, passata di pomodoro, olio e farina. Secondo uno studio eseguito da Altroconsumo, che afferma di monitorare la situazione per orientare le scelte dei cittadini, la pasta negli ultimi due anni avrebbe subito un rincaro del 13%. Riportando i dati inseriti nella tabella di Altroconsumo, la pasta sarebbe seguita dalla farina 00 che riporterebbe un aumento dell’11%, seguita dalla passata di pomodoro e dall’olio.
Come si può notare si tratta di beni che fanno parte della spesa quotidiana di ogni italiano medio. A pagare il prezzo più alto sono i cittadini con una bassa capacità di spesa. Il sito dell’associazione riporta un altro dato preoccupante. I discount registrano un aumento dei prezzi che corrisponde al 19% contro il 5% di quello subito da Supermercati e ipermercati.
L’aumento vertiginoso dei prezzi pare sia dovuto non solo alla crisi post-pandemia ma anche all’incremento del prezzo del carburante che influisce negativamente sulle importazione delle materie prime. Molto del grano utilizzato per la produzione della pasta viene importato dal Canada, dall’Australia e dagli Stati Uniti.
Ai cittadini resta poco da fare se non seguire attentamente le indicazioni delle associazioni in loro tutela che invitano a tenere sotto controllo le offerte dei prodotti necessari.
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