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Caro prezzi, addio pesce italiano: in pescheria solo prodotti importati, ecco perché

Il caro prezzi colpisce anche le pescherie, anzi l’intero settore ittico. Il pesce italiano è diventato un vero miraggio nei banconi. Ecco il motivo.

L’aumenti dei prezzi, e soprattutto l’aumento del gasolio, ha messo a dura provo non solo il settore energetico ma anche quello commerciale. Non c’è un’attività che è riuscita a scamparla.

Coloro che sono addetti a fare la spesa avranno notato che i banconi delle pescherie sono sempre più vuoti. A scarseggiare non è solo il pescato in generale, ma soprattutto quello italiano. Forse i più attenti osservatori si staranno chiedendo il perché e la risposta è strettamente collegata al discorso dei prezzi.

Pesce fresco introvabile in pescheria

La maggior parte del pesce presente nelle pescherie del Paese non è italiano. Costa tanto ammetterlo perché appare quasi una sconfitta, ma è così. Il prodotto ittico venduto negli ultimi mesi proviene da Francia, Spagna, Turchia, Grecia e Vietnam.
La tragica conseguenza dell’aumento del gasolio non ha risparmiato proprio nessun settore, così i pescatori italiani sono stati costretti a rinunciare alle battute di pesche. Il discorso costo-benefici è stato violato sotto ogni aspetto e i pescherecci italiani hanno deciso uno sciopero.

Sono passati circa 15 giorni da quando le imbarcazioni italiane hanno deciso di protestare restando ancorate nei porti di Ancona, ma anche in altre località portuali, i pescatori stremati protestano. Secondo la sigla Federpesca per una battuta di pesca occorrerebbero circa 3 mila litri di carburante, prodotto che al momento ha un costo tre volte superiore rispetto a un passato neanche troppo lontano. In un solo anno i costi del carburante hanno subito un impennata veloce e inesorabile. Uscire diventa troppo costoso e rientrarci con le spese è praticamente impossibile. È evidente che la guerra che è scoppiata negli ultimi mesi tra Russia e Ucraina non può essere l’unico fattore scatenante di questa inflazione.
I pescatori vorrebbero aiuti e sostegno da parte del governo. Il settore è letteralmente con l’acqua alla gola e a rendere la situazione ancora più opprimente per i lavoratori del settore è l’incapacità di vedere la fine di questa crisi globale e totale che sta coinvolgendo tutti i settori.

Sono circa 200 le imbarcazione che sono coinvolte in questo stop: “I pescatori non sono fanno più parte dell’economia”, si legge in uno degli striscioni esposti nei porti in cui si stanno tenendo le manifestazioni. Lavoratori disperati, senza aiuti e senza risposte concrete che permettano di fare previsioni.

Francesca Capparelli

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